L’eterna liquidità di Zygmunt Bauman e la sua mappa per abbattere i muri
La
prima volta che ho visto Zygmunt Bauman la ricordo
distintamente. Non fu un incontro esclusivo, si sarebbe adattato poco alle idee
di questo libero pensatore che ha fatto della lotta ai privilegi una delle basi
portanti del suo lavoro, ma collettivo. Era il maggio del 2011, sedevo in
silenzio in una platea gremita dell’Auditorium costruito da Renzo Piano a Roma.
Davanti a me un ometto magrissimo e ricurvo, con i suoi vaporosi ciuffetti di
capelli bianchi a incorniciare le ampie orecchie, quasi il suo corpo volesse
compensare in qualche modo il divario fra le capacità recettive del suo sistema
uditivo e quelle assai più vaste del suo cervello. Bauman presentava Vite che non possiamo permetterci (edito da Laterza), uno
dei tanti saggi (ne ha pubblicati più di 50) che offrono
al lettore l’opportunità di interrogarsi sul proprio modo di vedere e giudicare
le cose e le persone.
Fra
i testi che l’inventore del concetto di ‘società liquida’ (una società
caratterizzata da forte instabilità ed incertezza, in cui l’essere umano è
passato da “produttore” a mero “consumatore”, che trova la sua ragion d’essere
e il suo riconoscimento esclusivamente nell’atto del consumo) ha scritto,
quello che però ricordo con maggiore affetto, perché generatore di armate di
dubbi pronte ad abbattere le mura che il nostro cervello ama costruire intorno
alle nostre certezze, è un piccolo libretto intitolato Lo spettro dei barbari - Adesso e allora ,
edito nel 2010 dall’editore bevivino, in cui Zygmunt Bauman fa impennare i suoi
e i nostri pensieri sulle impervie colline dell’etimologia.
Il
vocabolo da cui parte il sociologo polacco è ‘barbaro’. Per gli antichi greci i
‘barbaros’ erano tutti coloro che non erano greci, persone che parlavano un
diverso idioma, basandosi su un sistema di regole (sociali, economiche ed
etiche) diverse da quelle in uso presso i greci. Non aveva quindi una
connotazione negativa. Poi sono arrivati i romani che, nel formare il loro
impero, hanno applicato in pieno il concetto di antropofagia proposto
dall’antropologo francese Lévi-Strauss: divorare lo straniero, inglobandolo e
digerendo nel proprio sistema sociale in modo che sia prima di tutto un romano
e poi qualcos’altro. Ma questo assorbimento era tutt’altro che pacifico e
alcuni popoli resistettero per secoli, diventando così i ‘barbari’. I diversi,
i cattivi, coloro che avevano osato impostare la loro vita su un sistema
alternativo a quello dominante. Se ‘esageravano’ nel difendere il loro punto di
vista andavano isolati, allontanati, in molti casi sterminati. Andavano eretti
muri per difendersi dalla loro presenza e dal loro pensiero ‘contaminante’,
muri che diventavano sempre più stretti per loro, fino a farli protestare,
dando così una scusa al pensiero dominante per farli scomparire.
Vi
suona familiare? Che Donald Trump abbia mentito quando ha dichiarato di non
leggere libri? Lo speriamo vivamente, vorrebbe dire che è il seme del dubbio
sulle proprie granitiche convinzioni potrebbe germogliare persino in lui. Di
certo questo saggio dimostra come le dinamiche socio-economiche che viviamo
oggi non siano poi così diverse da quelle vissute dai nostri predecessori
migliaia di anni fa. Questo però non ci deve far pensare che la battaglia
contro il pregiudizio basato sulla diversità sia persa in partenza, la
ripetitività delle dinamiche ci permette di conoscere meglio il funzionamento
di una lotta alla diversità che nasce sempre dalla paura di ciò che non
conosciamo o non vogliamo conoscere. Paura da affrontare per evitare di
risvegliarci fra qualche anno in un nuovo tipo di impero fatto non di sudditi,
ma di debitori/consumatori, così abilmente spaventati da rimanere incollati
alla loro schiavitù pur di non oltrepassare un muro (qui il romanzo di J. M.
Coetzee Aspettando i barbari, ci può
insegnare come resistere).
Commenti
Posta un commento